Il deflatore del Pil è il principe dei deflatori, quello più celebre e più comune. I suoi sudditi formano una popolazione molto numerosa: sono tanti quante sono le voci e le sottovoci in cui il Pil può essere scomposto. Il deflatore infatti può essere calcolato in relazione a qualunque oggetto, purché questo abbia un prezzo in almeno due periodi differenti: per il singolo bene, esso coincide con il rapporto fra i due prezzi.
La sua funzione è di dare una misura dell’inflazione intercorsa nel settore e nel periodo al quale i prezzi si riferiscono. Più complesso è il calcolo del deflatore per un aggregato di beni: in tal caso al numeratore della frazione bisogna porre il suo valore calcolato a prezzi orrenti, detto anche valore nominale, e al denominatore il valore che si otterrebbe se i prezzi fossero rimasti quelli dell’anno scelto a riferimento, detto anno base. Gli economisti chiamano questo valore reale e dicono che è calcolato a prezzi costanti.
Il deflatore del Pil, allora, altro non è che il rapporto fra l’intera produzione interna annua valutata a prezzi correnti e la stessa calcolata a prezzi costanti (per l’Italia, attualmente, quelli prevalenti nel 1995). Per esempio, nel 2003 il Pil nominale è stato pari a 1.300 miliardi di euro correnti, mentre quello reale è stato stimato in 1.040 miliardi di eurolire 1995. Ciò significa che il deflatore fra i due anni considerati è pari a circa 1,25 e quindi che i prezzi nel periodo sono aumentati complessivamente di quasi il 25 per cento. Il deflatore del Pil, oltre che per stimare l’inflazione fra un anno determinato e l’anno base, può essere anche utilizzato per calcolare la crescita dei prezzi tra due anni qualsiasi. A tal fine è però necessario che il deflatore sia calcolato, per entrambi gli anni presi in considerazione, in relazione a un identico anno base. La differenza percentuale fra i due deflatori darà la misura dell’inflazione intercorsa nel periodo.
Per esempio, nel 2001 il deflatore del Pil calcolato prendendo come anno base il 1995 è stato pari a 1,18; nel 2002, con lo stesso anno base, è stato pari invece a 1,216. La differenza fra i due, pari a 0,036, rappresenta circa il 3% di 1,18. In termini percentuali, essa rappresenta pure il tasso di inflazione nei due anni calcolato con il deflatore del Pil. Esso dunque costituisce uno dei metodi utilizzati per determinare la variazione dei prezzi. Due sono le sue peculiarità: misura soltanto l’inflazione interna, non tenendo conto di quella indotta dalle importazioni, visto che il commercio con l’estero non rientra nel Pil; e in virtù della gigantesca grandezza del paniere su cui è costruito – l’intera produzione annua di un Paese, il Pil appunto – esso costituisce il più generale degli indici di inflazione.